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SANTA CRISTINA

Nell’attuale assetto geografico della Laguna Nord, dell’arcipelago di Ammiana restano alcune piccole isole e soprattutto lembi di terra e barene separati da canali i cui toponimi ricordano il lontano passato monastico dell’area: la motta di San Lorenzo, l’isolotto di Sant’Andrea e l’isola di Santa Cristina.

La traccia più evidente di quella antica struttura lagunare è sena dubbio l’Isola di Santa Cristina, un tempo conosciuta come San Marco per via di una chiesa con un monastero di benedettine fondati qui dai Falier (VII secolo). Il nome fu mutato nel 1325, quando vi furono collocate le reliquie dell'omonima santa dopo essere state trafugate da Costantinopoli.

Nel 1340, viste le difficoltose condizioni ambientali, alla maggior parte delle monache fu concesso di trasferirsi a Murano.

 

Il complesso continuò in qualche modo a funzionare sino al 1452, dopo che anche l'ultima monaca rimasta, la badessa Filippa Condulmer, passò a Sant'Antonio di Torcello. Le reliquie di Santa Cristina furono pure portate a Torcello, ma in seguito, dopo la soppressione del monastero (1806) passarono a Venezia nel complesso monastico di San Francesco della Vigna dove riposano ancora oggi.

 

L’isola di Santa Cristina torna a vivere nel secolo successivo: nelle mappe del 1572 di Bartolomeo Fontello e del 1573 di Cristoforo Sabbadino l'isola presenta tre gruppi di case denominate Santa Cristina, San Marco, Sant‘Anzolo. La parte orientale dell'isola, coltivata ed abitata, si conserverà inalterata nei due secoli successivi come si evince da una mappa del ‘600 e da un manoscritto del ‘700. Alla fine del ‘700 l'isola fa parte della proprietà della famiglia Donà e presenta un intenso sfruttamento agricolo con una delineata rete idrica: sull’isola sono presenti la casa domenicale, alcuni annessi agricoli, un faro, una piccola casa in muratura e un oratorio.

Fino al 1921, l'isola continua ad essere coltivata ed abitata da alcune famiglie di contadini che la sfruttarono come terreno agricolo.

Nel periodo dal 1930 al 1970 l’isola non è più abitata stabilmente, pur avendo testimonianza di una presenza sporadica di personale a mezzadria.

Nel 1986 l’isola viene acquistata da una società che avvia il recupero delle attività agricole ed orticole come integrazione all’uso privato delle aree e dei volumi dell’isola. L’isola viene chiusa al mondo esterno: nei 17 ettari disponibili per le coltivazioni vengono piantati ortaggi e coltivati alberi da frutto come albicocchi, prugni, peri, peschi, ciliegi, fichi e meli; 3 ettari ospitano una vecchia vigna con viti piantate a piè franco; all’interno dell’isola è presente anche una valle di pesca che occupa un quarto della sua superficie ed ospita branzini, orate e anguille; la rimanente superficie dell’isola viene ricoperta dall’acqua della laguna in caso di forti maree ed è il regno delle erbe salmastre.